The frontman of the band Nirvana defined the lyrics of Come as You Are as contradictory and muddled, asserting that song concerns “people and what they’re expected to act like”. This choreographic project – created with the collaboration of the visual artist Jacopo Miliani – borrows its title from the 1991 Kurt Cobain song, both as an invitation to the audience and as a statement of intent for the dance that will be enacted, which dilates or contracts the moment when one gaze catches another and pure movements results. The semantic space of the song’s lyrics is deconstructed in Miliani’s work in the form of images and brought to the stage as 20 big white and red towels. The choreography absorbs the image transforming the body and reframing the space, creating a series of actions and reactions, an hypnotic flow of perpetually overlapping images while morphing into rhythmic variations, in which perception selects a world where things move or are moved.
“And I swear that I don’t have a gun
No, I don’t have a gun”
Choreography and Dance/ Jacopo Jenna
Set and images/ Jacopo Miliani
Music and Sound Design/ Luca Scapellato LSKA
Live Guest/ Artu Trash
Light Design/ Giulia Broggi
Organization/ Luisa Zuffo
Production/ Kinkaleri
Co-production/ Cango – Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza
with the support of Centrale Fies
Come as you are è una delle canzoni più note dei Nirvana, che all’inizio degli anni Novanta ha segnato in un certo modo la storia della musica. Il testo può apparire oscuro e criptico, in contrasto con l’immediata forza del pezzo: il suo stesso autore lo definiva “contraddittorio e confuso”, come la condizione umana che Kurt Cobain voleva esprimere, dal momento che si tratta di un brano che riguarda “le persone e come ci si aspetta che agiscano”. Il progetto coreografico, creato con la collaborazione di Jacopo Miliani, si pone la questione dell’identità nella relazione. Il titolo della canzone è utilizzato come un invito rivolto al pubblico, un avvertenza a ciò che si andrà ad assistere, per porre liberamente lo sguardo verso la performance. Il testo della canzone è decostruito nel lavoro visivo di Miliani, attraverso la produzione di 20 grandi teli di spugna bianchi e rossi, dove le parole riappaiono isolate l’una dall’altra con forza grafica; in questo modo vengono ricollocate sulla scena, con il compito di interagire con la presenza del performer, modificando le forme e il senso del suo agire. La coreografia si articola in due momenti distinti: il primo è un percorso che vede il danzatore impegnato in un corpo a corpo sempre più serrato con i teli-parole, passando dalla compostezza strutturale alla trasfigurazione iconoclasta nella dinamica; il secondo momento si svolge all’insegna di uno svuotamento, dove la pluralità dell’immagine e la molteplicità dei significati semantici, precedentemente dislocati sulla scena, sono riassorbite in un principio di assorta concentrazione dinamica.